E’ l’opposto del concetto di globalizzazione dell’economia e proprio per questo ne rappresenta l’alternativa.
Per un mondo unito nella diversità.
La comunità villaggio dovrebbe essere l’espressione dello spirito familiare, un’estensione della famiglia piuttosto che una collezione di individui in competizione fra loro.
Il sogno di Gandhi non era quello dell’autosufficienza individuale e neanche dell’autosufficienza familiare ma dell’autosufficienza della comunità villaggio.
I britannici credevano in metodi di produzione centralizzati, industrializzati e meccanizzati. Gandhi rovesciò questi principi e intravide modi di produzione decentralizzati, domestici, artigianali.
Disse: “Non produzione di massa ma produzione delle masse”.
Adottando il principio di produzione delle masse, le comunità villaggio sarebbero state in grado di restituire dignità al lavoro fatto con le mani.
Vi è un valore intrinseco in ciò che viene fatto con le proprie mani; consegnando il lavoro alle macchine perdiamo non solo i benefici materiali ma anche quelli spirituali, poiché il lavoro manuale porta con sé meditazione e soddisfazione personale.
La produzione di massa si interessa solo del prodotto, mentre la produzione delle masse si interessa del prodotto, dei produttori e del processo.
La forza trainante dietro la produzione di massa è il culto dell’individuo.
Quale può essere il desiderio dell’espansione dell’economia su scala globale, se non il desiderio per il profitto personale e corporativo?
Al contrario un’economia su base locale promuove lo spirito, le relazioni e il benessere comunitario: tale economia incoraggia l’aiuto reciproco.
I membri del villaggio si prendono cura di se stessi, delle famiglie, dei vicini, degli animali, delle terre, delle foreste e di tutte le risorse naturali per il beneficio delle generazioni presenti e future. La produzione di massa porta le persone a lasciare i villaggi, le terre, i loro mestieri, le fattorie, per andare a lavorare nelle fabbriche.
Invece di esseri umani con una dignità in una comunità che si autostima, la gente diventa un ingranaggio della macchina, davanti ad una catena di montaggio, vivendo nei ghetti delle città, dipendendo dalla pietà dei padroni.
Un numero sempre più esiguo di persone sono richieste nella produzione, poiché gli industriali vogliono una produttività sempre più alta.
I padroni dell’economia monetaria vogliono macchine sempre più efficienti e veloci e il risultato sarà che uomini e donne resteranno disoccupati e considerati scarti della società. Una tale società genera milioni di persone senza radici e lavoro che dipendono dallo stato o che praticano l’accattonaggio.
Non ci può essere vera pace nel mondo se guardiamo gli altri paesi come fonte di materie prime o come mercati per i prodotti finiti dell’industria.
Il seme della guerra viene seminato dall’avidità economica.“C’è abbastanza per soddisfare i bisogni di ognuno ma non abbastanza per l’avidità di ognuno” disse Gandhi.
Swadeshi è quindi un prerequisito indispensabile della pace.
I risultati sono lo stress, la mancanza di valori e di pace interiore, la perdita di spazi per i rapporti personali e familiari e della vita spirituale.
In India ogni villaggio aveva i suoi filatori, cardatori, tintori e tessitori, che rappresentavano il cuore dell’economia del villaggio.
Gandhi credeva importante che l’industria fosse risanata e lanciò una campagna per arrestare l’influsso di tessuti britannici.
Grazie a questo sforzo, centinaia di migliaia di intoccabili e Indù delle caste si unirono per disfarsi dei vestiti importati dall’Inghilterra o dalle industrie delle città, imparando a filare e a tessere le stoffe.
Il filatoio divenne il simbolo della libertà economica, dell’indipendenza politica e della compattezza della comunità senza classi.
Secondo Gandhi, i valori spirituali non dovevano essere visti come separati dalla politica, dall’economia, dall’agricoltura, dall’educazione e da tutte le altre attività della vita quotidiana. In questo modello integrato non esiste un conflitto tra ciò che è spirituale e ciò che è materiale. Un tale distacco tra religione e società genererà la corruzione, l’avidità, la competizione, la sete del potere e lo sfruttamento dei deboli e dei poveri.
Qualcuno ha chiesto a Gandhi: “Che cosa pensa della civiltà occidentale?” Lui ha risposto semplicemente: “Se ci fosse, non sarebbe una cattiva idea”.
Per Gandhi una civiltà delle macchine non era civiltà.
Non poteva concepire come civile una società in cui i lavoratori dovevano sudare in catena di montaggio, in cui gli animali erano trattati con crudeltà negli allevamenti intensivi e in cui l’attività economica portava inevitabilmente alla devastazione ecologica.
Il mondo naturale si trasformerebbe inevitabilmente in deserto e le città in giungla di cemento. In altre parole, la società dell’industria globale, a differenza di una società costituita da comunità sostanzialmente autonome che adottano il principio dello Swadeshi, non è sostenibile.
Swadeshi era un principio religioso per Gandhi, altrettanto sacro quanto i principi della verità e della non violenza.